Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò la lingua di Antonio incorrotta, ed è conservata nella cappella del Tesoro presso
mercoledì 13 giugno 2012
13 giugno: Sant'Antonio di Padova
Sacerdote e dottore della
Chiesa
Lisbona, Portogallo, c. 1195 - Padova, 13 giugno
1231
di Maurizio Valeriani
Patronato: Affamati, oggetti
smarriti, Poveri
Etimologia: Antonio = nato prima,
o che fa fronte ai suoi avversari, dal greco
Emblema: Giglio,
Pesce
Martirologio Romano: Memoria di Sant’Antonio, Sacerdote
e dottore della Chiesa, che, nato in Portogallo, già canonico regolare, entrò
nell’Ordine dei Frati Minori da poco fondato, per attendere alla diffusione
della Fede tra le popolazioni dell’Africa, ma esercitò con molto frutto il
ministero della predicazione in Italia e in Francia, attirando molti alla vera
dottrina; scrisse sermoni imbevuti di dottrina e di finezza di stile e su
mandato di San Francesco insegnò la teologia ai suoi confratelli, finché a
Padova fece ritorno al Signore.
Fernando di Buglione nasce a
Lisbona da nobile famiglia portoghese discendente dal crociato Goffredo di
Buglione.
A quindici anni è novizio nel
monastero di San Vincenzo a Lisbona, poi si trasferisce nel monastero di Santa
Croce di Coimbra,il maggior centro culturale del Portogallo appartenente
all'Ordine dei Canonici regolari di Sant'Agostino, dove studia scienze e
teologia con ottimi maestri, preparandosi all'ordinazione sacerdotale che
riceverà nel 1219,
a ventiquattro anni.
Quando sembrava dover percorrere
la carriera del teologo e del filosofo, decide di lasciare l'ordine dei Canonici
Regolari di Sant'Agostino. Fernando, infatti, non sopporta i maneggi politici
tra i canonici regolari agostiniani e re Alfonso II, in cuor suo anela ad una
vita religiosamente più severa. Il suo desiderio si realizza allorché, nel 1220,
giungono a Coimbra i corpi di cinque Frati francescani decapitati in Marocco,
dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco
d'Assisi.
Quando i Frati del convento di
monte Olivares arrivano per accogliere le spoglie dei martiri, Fernando confida
loro la sua aspirazione di vivere nello spirito del Vangelo. Ottenuto il
permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano,
Fernando entra nel romitorio dei Minori e fa subito professione religiosa,
mutando il nome in Antonio in onore dell'abate, eremita egiziano.
Anelando al martirio, subito
chiede ed ottiene di partire missionario in Marocco. È verso la fine del 1220
che s'imbarca su un veliero diretto in Africa, ma durante il viaggio è colpito
da febbre malarica e costretto a letto. La malattia si protrae e in primavera i
compagni lo convincono a rientrare in patria per curarsi.
Secondo altre versioni, Antonio
non si fermò mai in Marocco: ammalatosi appena partito da Lisbona, la nave fu
spinta da una tempesta direttamente a Messina, in Sicilia. Curato dai
francescani della città, in due mesi guarisce. A Pentecoste è invitato al
Capitolo generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli
Angeli dove ha modo di ascoltare Frate Francesco, ma non di conoscerlo
personalmente.
Il ministro provinciale
dell'ordine per l'Italia settentrionale gli propone di trasferirsi a Montepaolo,
presso Forlì, dove serve un Sacerdote che dica la Messa per i sei Frati
residenti nell'eremo composto da una piccolissima Chiesa, qualche cella e un
orto. Per circa un anno e mezzo vive in contemplazione e penitenza, svolgendo
per desiderio personale le mansioni più umili, finché deve scendere con i
confratelli in città, per assistere nella Chiesa di San Mercuriale
all'ordinazione di nuovi Sacerdoti dell'ordine e dove predica alla presenza di
una vasta platea composta anche dai notabili.
Ad Antonio è assegnato il ruolo di
predicatore e insegnante dallo stesso Frate Francesco, che gli scrive una
lettera raccomandandogli, però, di non perdere lo spirito della santa orazione e
della devozione. Comincia a predicare nella Romagna, prosegue nell'Italia
settentrionale, usa la sua parola per combattere l'eresia (è chiamato anche il
martello degli eretici), catara in Italia e albigese in Francia, dove arriverà
nel 1225.
Tra il 1223 e quest'ultima data
pone le basi della scuola teologica francescana, insegnando nel convento
bolognese di Santa Maria della Pugliola. Quando è in Francia, tra il 1225 e il
1227, assume un incarico di governo come custode di Limoges. Mentre si trova in
visita ad Arles, si racconta gli sia apparso Frate Francesco che aveva appena
ricevuto le stigmate.
Come custode partecipa nel 1227 al
Capitolo generale di Assisi dove il nuovo ministro dell'Ordine -San Francesco
nel frattempo è morto-, è Giovanni Parenti, quel provinciale di Spagna che lo
accolse anni prima fra i Minori e che lo nomina provinciale dell'Italia
settentrionale. Frate Antonio apre nuove case, visita i conventi per conoscere
personalmente tutti i Frati, controlla le Clarisse e il Terz'ordine, va a
Firenze, finché fissa la residenza a Padova e in due mesi scrive i Sermoni
domenicali.
A Padova ottiene la riforma del
Codice statutario repubblicano grazie alla quale un debitore insolvente ma senza
colpa, dopo aver ceduto tutti i beni non può essere anche incarcerato. Non solo,
tiene testa ad Ezzelino da Romano, che era soprannominato il Feroce e che in un
solo giorno fece massacrare undicimila padovani che gli erano ostili, perché
liberi i capi guelfi incarcerati.
Intanto scrive i Sermoni per le feste dei
Santi, i suoi temi preferiti sono i precetti della Fede, della morale e della
virtù, l'amore di Dio e la pietà verso i poveri, la preghiera e l'umiltà, la
mortificazione e si scaglia contro l'orgoglio e la lussuria, l'avarizia e
l'usura di cui è acerrimo nemico.
È mariologo, convinto assertore
dell'Assunzione della Vergine, su richiesta di Papa Gregorio IX nel 1228 tiene
le prediche della settimana di Quaresima e da questo Papa è definito "arca del Testamento". Si racconta che
le prediche furono tenute davanti ad una folla cosmopolita e che ognuno lo sentì
parlare nella propria lingua.
Per tre anni viaggia senza
risparmio, è stanco, soffre d'asma ed è gonfio per l'idropisia, torna a Padova e
memorabili sono le sue prediche per la Quaresima del 1231. Per riposarsi si ritira a
Camposampiero, vicino Padova, dove il conte Tiso, che aveva regalato un eremo ai
Frati, gli fa allestire una stanzetta tra i rami di un grande albero di noce. Da
qui Antonio predica, ma scende anche a confessare e la sera torna alla sua cella
arborea.
Una notte che si era recato a
controllare come stesse Antonio, il conte Tiso è attirato da una grande luce che
esce dal suo rifugio e assiste alla visita che Gesù Bambino fa al
Santo.
A mezzogiorno del 13 giugno, era
un venerdì, Antonio si sente mancare e prega i confratelli di portarlo a Padova,
dove vuole morire. Caricato su un carro trainato da buoi, alla periferia della
città le sue condizioni si aggravano al punto che si decide di ricoverarlo nel
vicino convento dell'Arcella dove muore in serata. Si racconta che mentre stava
per spirare ebbe la visione del Signore e che al momento della sua morte, nella
città di Padova frotte di bambini presero a correre e a gridare che il Santo era
morto.
Nei giorni seguenti la sua morte,
si scatenano “guerre intestine” tra
il convento dove era morto che voleva conservarne le spoglie e quello di Santa
Maria Mater Domini, il suo convento, dove avrebbe voluto morire. Durante la
disputa si verificano persino disordini popolari, infine il padre provinciale
decide che la salma sia portata a Mater Domini. Non appena il corpo giunge a
destinazione iniziano i miracoli, alcuni documentati da
testimoni.
Anche in vita Antonio aveva operato miracoli
quali esorcismi, profezie, guarigioni, compreso il riattaccare una gamba, o un
piede, recisa, fece ritrovare il cuore di un avaro in uno scrigno, ad una donna
riattaccò i capelli che il marito geloso le aveva strappato, rese innocui cibi
avvelenati, predicò ai pesci, costrinse una mula ad inginocchiarsi davanti
all'Ostia, fu visto in più luoghi contemporaneamente, da qualcuno anche con Gesù
Bambino in braccio. Poiché un marito accusava la moglie di adulterio, fece
parlare il neonato, “frutto del
peccato” secondo l'uomo, per testimoniare l'innocenza della donna.
I suoi miracoli in vita e dopo la
morte hanno ispirato molti artisti fra cui Tiziano e
Donatello.
Antonio fu canonizzato l'anno
seguente la sua morte dal Papa Gregorio IX.
La grande Basilica a lui dedicata
sorge vicino al convento di Santa Maria Mater Domini.
Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò la lingua di Antonio incorrotta, ed è conservata nella cappella del Tesoro pressola
Basilica della città patavina di cui è
patrono.
Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò la lingua di Antonio incorrotta, ed è conservata nella cappella del Tesoro presso
Nel 1946 Pio XII lo ha proclamato
Dottore della Chiesa.
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