lunedì 3 settembre 2012
Il processo di rinnegamento per salire i gradi della santità
Del
perché sia così difficile ascendere a Dio Padre, non può e non deve partire da una
considerazione tutta umana. Essa, difatti, condurrebbe nient’altro che alla superbia
e alla perdizione eterna, sul satanico convincimento dell’equivalenza per la
quale: non ci si può santificare perché l’uomo da solo non ne è in grado, ergo,
meglio peccare! E la grazia santificante? Da chi proviene? E l’Altissimo dov’è?
Qual è lo spazio dell’Oggetto amato affinché lavori con l’anima alla sua
elevazione? Chi fa a meno di Dio, fa a meno di se stesso. Chi non si lascia
amare dal Signore, rinuncia alla sua creaturalità, alla sua essenzialità, alla
propria presenzialità: ad essere un uomo! È bene e doveroso convincersi che è Cristo
Gesù che ci ha amati per primo ed è dalla Fonte dell’amore che si apprende come
amare. Il letto della fonte? La Santa Croce! Il mare in cui esso sfocia? La
santa Madre Chiesa! Gli esseri viventi a cui è destinato questo mare in piena
d’amore santificante? Gli esseri umani!
Può
sconvolgere la mente ed il cuore una certa consapevolezza che a mio avviso
l’uomo cela a se stesso in ragione di questo timore, ovvero: ammettere che Dio
ama ogni essere con unicità premurosa e zelante, ma soprattutto con unicità.
Nella maniera più bassa e rozza, umanamente parlando, è possibile affermare che
Iddio è santamente geloso, al grado più perfetto e positivo immaginabile. Egli
ha spasmodicamente, visceralmente, carnalmente, spiritualmente, mentalmente
necessità di ogni uomo. Non è possibile fare esperienza di Dio se non ci si sofferma
su questo evento: Gesù ama alla follia tutti, dove la follia è La Santa Croce!
Si esamini la propria vita, si scorga l’episodio in cui si pesi di aver amato
come non mai una persona, lo si riporti alla mente ed al cuore, lo si riviva
interamente, anche sino alle lacrime se necessario, anche se è un lutto, non lo
si lasci frenare, anzi vi si dia seguito sino allo sfinimento nell’amore
profuso per quell’essere benedetto e si avrà solo una pallidissima, insignificante,
riduttiva, superficiale idea di come Cristo Gesù ama singolarmente, unicamente,
personalmente ogni uomo. Ben poteva, dunque, Sant’Agostino, affermare, senza
che vi si cadesse in fraintendimenti: “Ama
e fa ciò che vuoi”. Quale il motivo? La ragione risiede in questo breve
assioma: l’amore presuppone il Giudizio iniquo e violento dei fratelli
bugiardi, il Mantello regale, sangue – purpureo, della flagellazione, lo
Scettro ligneo e brutale dei falsi adoratori, la Corona del martirio di pungentissime
spine, la gloriosa Camminata tra i figli amati sul Monte delle cadute, il Letto
durissimo, ruvido e scarnificante della Santa Croce. In sostanza: è possibile
amare e far ciò che si crede se si è prima morti a se stessi rinunciando alla
propria vita sino allo spargimento dell’ultima goccia del proprio sangue per amore
di Dio e del prossimo.
È,
dunque, questo il motivo per cui fa paura ammettere che Dio ci ama in Cristo
Gesù suo Figlio e nostro Signore, perché siamo consapevoli che per amare
realmente saremmo obbligati, per non cadere in contraddizione rispetto a ciò
che professiamo, ad amare come Lui ci ha amati, cioè: sino alla morte!
Fatto
questo doveroso posizionamento dell’Amore (Dio Padre) nell’amato (l’essere
umano), è possibile cercare di capire perché amare è così complesso nell’ascendere
i gradi della santità, mentre è così facile e rapido cadere nel peccato e nella
morte eterna. Al riguardo può essere esplicativo un esempio attinente
all’alimentazione. L’assillo è: per quale ragione aumentare di peso è così
semplice, ma non è altrettanto facile perderlo, tranne in rarissimi casi? La
risposa è semplice. Il nostro corpo è fatto per conservare, per accumulare
scorte, per auto – curarsi, per avere dentro di se quanto più è possibile per espandersi
e crescere. In una sola parola? L’organismo vuole vivere per non morire! Tuttavia,
esso deve essere regolato, educato e se così non avviene questa naturale
tendenza a sommare sostanze nutrienti, si rovescia a sfavore dell’organismo stesso
che non riuscendo più a smaltire gli eccessi si avvelena da se stesso, dal
proprio interno, morendo. Qual è il motivo primario? La ragione risiede nel
fatto che l’accumulo non ordinato, falsa la naturale capacità organica nel
discernere tra ciò che serve e ciò che non serve, ed il fisico istruito ad
avere solo eccessi e mai il giusto, o talvolta un salutare difetto di sostanze,
divine auto – distruttivo. Il sistema di equilibratura di quanto serve realmente
si blocca, e da che la sua istruzione primaria era quella di generare vita, ora
è divenuto quello di generare, anche inconsapevolmente, morte. Da questo
processo egoistico ed auto – incentrato, si comprenderà, benissimo, che nel
momento in cui incominciamo a sottrarre l’eccesso il corpo si rifiuta, nella
veste della mente, poiché nell’eccesso costante tutto l’organismo aveva trovato
la modalità per risolvere ogni istanza, necessità e richiesta, sia fisica, che
psichica, e se il dimagrimento non avviene in maniera graduale ciò comporterà
un riacquisto del peso perduto, maggiorato di quanto si è disarmonicamente
sottratto al corpo e una fastidiosa irritabilità nei riguardi della vita dovuta
al fatto che: se non si mangia ci si sente nervosi, se, al contrario, si
continuasse ad ingerire più del dovuto ugualmente ci si sentirebbe nervosi per
non essere stati in grado di perdere peso e/o aver saputo rispettare il
programma alimentare. In proposito le rare eccezioni alimentari di chi non ha
bisogno di regolarsi perché non soffre possibili aumenti, non significa che non
abbia necessità di disciplina alimentare giacché potrebbero nel tempo rovinare all’interno
il suo organismo.
Nella stessa ed identica
modalità funziona la vita dello spirito. La naturale tendenza alla santità è
stata interrotta dal peccato. Ciò nonostante l’uomo è stato comunque messo in
grado di riacquistare la vita eterna per mezzo dell’elezione a figli in Cristo
Gesù nostro Signore. Ma cosa accade se ci si lascia per troppo tempo alle
spalle la cura dell’anima facendola cibare solo del peccato e non del Pane di
vita eterna, ovvero l’Eucaristia preparandosi adeguatamente con la Santa Confessione?
Che come la veste carnale fatica a dimagrire, così l’uomo avvezzo a lasciarsi
andare ad ogni desiderio impuro, di mente e di corpo, ed essendo stato educato,
dallo stato di peccato, a non privarsi mai di nulla, anzi ad abbondare quanto
alle nefandezze spirituali ed umane, nel momento in cui si decide per la vita e
non per la morte dell’anima sottraendo il tanfo orrendo del peccato, avviene la
ribellione. L’aggravante? Satana desidera la nostra morte ed a spada tratta
difende la sete d’anime da distruggere e, con ogni mezzo, cercherà di
risucchiare il penitente verso i suoi antichi percorsi di morte! La soluzione è
educare, sin da quando si è adolescenti, l’anima e il corpo alla scuola del
Vangelo, dei Sacramenti (Confessione e Comunione) e delle opere di carità,
perché nel momento in cui ci si trovi a gustare dei bene umani e spirituali il
Signore ci doni l’equilibrio e la sapienza per godere santamente di essi.
Perché tutto torni alla maggiore gloria di Dio, del bene delle anime e della
propria santificazione.
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