Citazione della settimana...


"LA MORTE È LA GRAZIA DELLE GRAZIE E IL CORONAMENTO DELLA
VITA CRISTIANA. ESSA NON È UNA FINE, COME TROPPI ANCORA PENSANO, MA L'INIZIO DI
UNA BELLA RINASCITA".

- Marthe Robin -

"NON ABBIATE PAURA DELLA GIOIA".

- Papa Francesco -



SIGNORE GESU' SONO QUI DAVANTI A TE

Signore Gesù, sono davanti a te con tutte le mie miserie. So che non mi respingerai perché tu mi ami così come sono. Mi dolgo e mi pento con tutto il cuore dei miei peccati: ti prego perdonami! Nel tuo Nome perdono tutte le persone per quanto hanno fatto contro di me. Rinuncio a Satana, a tutti gli spiriti maligni ed alle loro opere e seduzioni. Ti dono tutto il mio essere, o Signore Gesù, ora e sempre. Ti invito nella mia vita, o Gesù; ti accetto come Signore, Dio e Salvatore. Guariscimi, trasformami, rafforza il mio corpo, la mia anima ed il mio spirito. Vieni Signore Gesù, immergimi nel tuo Preziosissimo Sangue e riempimi del tuo Santo Spirito. Ti Amo, Signore Gesù. Ti lodo, Gesù. Ti ringrazio. Ti seguirò per tutti i giorni della mia vita. Aiutami a non voltarmi mai indietro. A non desiderare nient'altro che te. Fammi sentire il tepore del tuo amore e la potenza del tuo Santo Corpo. Rendimi cosciente della grandezza del tuo donarti a me, misera creatura. Illumina la mia mente e il mio cuore. Irrompi con la tua luce l'intensità delle tenebre che offuscano la mia vita. Rendimi la gioia di essere salvato affinché possa vivere con te per sempre in paradiso.
Maria, mia dolce Madre, Regina della Pace, Angeli e Santi, aiutatemi, ve ne prego. Amen, Alleluia, Amen.
- Fr. Peter Mary Rookey -


IL SILENZIO

Il silenzio è mitezza. Quando non rispondi alle offese, quando non reclami i tuoi diritti, quando lasci a Dio la difesa del tuo onore, il silenzio è mitezza.
Il silenzio è misericordia. Quando non riveli le colpe dei fratelli, quando perdoni senza indagare nel passato, quando non condanni, ma intercedi nell'intimo, il silenzio è misericordia.
Il silenzio è pazienza. Quando soffri senza lamentarti, quando non cerchi consolazione dagli uomini, quando non intervieni, ma attendi che il seme germogli lentamente, il silenzio è pazienza.

Il silenzio è umiltà. Quando taci per lasciare
emergere i fratelli, quando celi nel riserbo i doni di Dio, quando lasci che il tuo agire sia interpretato male, quando lasci agli altri la gloria dell'impresa, il silenzio è umiltà.
Il silenzio è fede. Quando taci, perchè è LUI che agisce, quando rinunci ai suoni, alle voci del mondo per stare alla Sua presenza, quando non cerchi comprensione, perchè ti basta essere conosciuto da Lui, il silenzio è fede.


giovedì 29 novembre 2012

Dalle «Omelie» attribuite a San Macario, vescovo.

L'anima che non è dimora di Cristo è infelice
 
Una volta Dio, adirato contro i Giudei, diede Gerusalemme in balia dei loro nemici. Così caddero proprio sotto il dominio di coloro che essi odiavano e si trovarono nell'impossibilità di celebrare i giorni festivi e di offrire sacrifici. Nello stesso modo, Dio, adirato contro un'anima che trasgredisce i suoi precetti, la consegna ai suoi nemici, i quali, dopo averla indotta a fare il male, la devastano completamente. Una casa, non più abitata dal padrone, rimane chiusa e oscura, cadendo in abbandono; di conseguenza si riempie di polvere e di sporcizia. Nella stessa condizione è l'anima che rimane priva del suo Signore. Prima tutta luminosa della sua presenza e del giubilo degli angeli, poi si immerge nelle tenebre del peccato, di sentimenti iniqui e di ogni cattiveria.
Povera quella strada che non è percorsa da alcuno e non è rallegrata da alcuna voce d'uomo! Essa finisce per essere il ritrovo preferito di ogni genere di bestie. Povera quell'anima in cui non cammina il Signore, che con la sua voce ne allontani le bestie spirituali della malvagità! Guai alla terra priva del contadino che la lavori! Guai alla nave senza timoniere! Sbattuta dai marosi e travolta dalla tempesta, andrà in rovina.
Guai all'anima che non ha in sé il vero timoniere, Cristo! Avvolta dalle tenebre di un mare agitato e sbattuta dalle onde degli affetti malsani, sconquassata dagli spiriti maligni come da un uragano invernale, andrà miseramente in rovina.
Guai all'anima priva di Cristo, l'unico che possa coltivarla diligentemente perché produca i buoni frutti dello Spirito! Infatti, una volta abbandonata, sarà tutta invasa da spine e da rovi e, invece di produrre frutti, finirà nel fuoco. Guai a quell'anima che non avrà Cristo in sé! Lasciata sola, comincerà ad essere terreno fertile di inclinazioni malsane e finirà per diventare una sentina di vizi.
Il contadino, quando si accinge a lavorare la terra, sceglie gli strumenti più adatti e veste anche l'abito più acconcio al genere di lavoro. Così Cristo, re dei cieli e vero agricoltore, venendo verso l'umanità, devastata dal peccato, prese un corpo umano, e, portando la croce come strumento di lavoro, dissodò l'anima arida e incolta, ne strappò via le spine e i rovi degli spiriti malvagi, divelse il loglio del male e gettò al fuoco tutta la paglia dei peccati. La lavorò così col legno della croce e piantò in lei il giardino amenissimo dello Spirito. Esso produce ogni genere di frutti soavi e squisiti per Dio, che ne è il padrone.

sabato 24 novembre 2012

25 novembre: Festa di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo.

 

Nell'ultima domenica del Tempo Ordinario, per esattezza la 34a, la Chiesa ci invita a celebrare la Solennità di Cristo Re dell'universo.
Una festa del genere porterebbe chiunque a ritenere necessaria una liturgia, quella della Parola, improntata alla lettura di brani che esaltino la grandezza, la radiosità, l'onnipotenza di Cristo Signore, dato che lo chiamiamo Re dell'universo. Tuttavia, e ciò non sembri strano, accade esattamente l'opposto: Gesù Maestro eterno ha vinto la morte con la Croce!
In ragione di ciò la Parola di Dio, che ci viene donata, porta i fedeli nel mistero della sofferenza e dell'amore di Cristo, soprattutto invitandoci a meditare il momento della sua condanna a morte e al suo incontro con Pilato.
Il racconto, tratto dal Vangelo di San Giovanni (Gv 18,33b-37), ci presenta il Signore che, uniformandosi a quanto aveva insegnato ai suoi discepoli (si legga: Mt 10,38; Mt 16,24; Mc 8,34; Lc 9,23; Lc 14,27) rispetto alla sua missione, annunzia essere La Verità. Innanzi a Pilato che lo interroga il Rabbi risponderà: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18,37). Altrove, aveva detto: “Io sono la via, la verità e la vita». «Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”. (Gv 14, 6.15,5). Questa verità che non solo viene annunziata, ma si incarna in Cristo stesso, dunque è Egli stesso La Suprema Verità, ha una connotazione, una caratteristica: significa servizio. Chi è per Cristo, con Cristo ed in Cristo, è nella Verità e come tale è servo dei servi. Per questo la regalità di Gesù si dimostra sulla Croce, massima espressione di servizio, di amorevole donazione disinteressata, facendoci comprendere che: “Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti” (Mc 9,35), giacché “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13,13-15).
 
L’analisi di questa dimensione donativa, che implica La Verità, sia come punto di partenza (Gesù Cristo è il perno d’ogni progettualità) sia nei contenuti (rispetto alle singole azione che compiamo) ci fa comprendere che il Regno di Dio, come dice San Polo nella lettera ai Romani non è questione di “…cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi si fa servitore di Cristo in queste cose è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Cerchiamo dunque ciò che porta alla pace e alla edificazione vicendevole” (Rm 14,17-19). Ciò equivale a dire che l’offerta, il servizio, il sacrificio, sono i tratti distintivi della magnificenza divina del Signore e, all’opposto, non né rappresentano in alcun modo la sua dimensione: il potere, la menzogna, l’odio, l’egoismo e la cattiveria, tutti difetti radicati nel peggiore dei vizi, la superbia. Scriverà ancora San Paolo Apostolo: “…queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,7-11).  
In definitiva nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo è venuto ad inaugurare sulla terra il potere della carità. È questa solo l’unica forza a cui dobbiamo tutti aspirare e di possedere nelle forme più alte e virtuose. Essa, la carità, avrà la sua pienezza nell'eternità e nell’oggi essa è ciò che da senso ad ogni nostra aspirazione, azione, parola, sentimento, affinché tutto torni sempre per la maggiore gloria di Dio, per il bene della anime e la nostra santificazione. Ancora San Paolo ci insegna al riguardo della carità: Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, on manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
” (1Cor 13, 1-13).
 
ATTO DI CONSACRAZIONE DEL GENERE UMANO A NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO.
O Gesù dolcissimo, o Redentore del genere umano, riguarda a noi umilmente prostrati innanzi a te. Noi siamo tuoi, e tuoi vogliamo essere; e per vivere a te più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi, oggi spontaneamente si consacra al tuo sacratissimo Cuore.
«Molti, purtroppo, non ti conobbero mai; molti, disprezzando i tuoi comanda­menti, ti ripudiarono. O benignissimo Ge­sù, abbi misericordia e degli uni e degli altri e tutti quanti attira al tuo sacratissi­mo Cuore.
«O Signore, sii il Re non solo dei fe­deli, che non si allontanarono mai da te, ma anche di quei figli prodighi che ti abbandonarono; fa' che questi, quanto pri­ma, ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame. Sii il Re di coloro, che vivono nell'inganno e nell'er­rore, o per discordia da te separati: ri­chiamali al porto della verità, all'unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore.
«Largisci, o Signore, incolumità e liber­tà sicura alla tua Chiesa, concedi a tutti i popoli la tranquillità dell'ordine: fa' che da un capo all'altro della terra risuoni quest'unica voce: Sia lode a quel Cuore divino, da cui venne la nostra salute; a lui si canti gloria e onore nei secoli dei secoli. Amen ».
(Indulgenza plenaria, se si recita pub­blicamente nella solennità di Cristo Re; parziale, invece, se si recita privatamente
ATTO DI RIPARAZIONE
(da pregare dopo la consacrazione)
Gesù dolcissimo, il cui immenso amore per gli uomini viene con tanta ingratitudine ripagato di oblio, di trascuratezza, di disprezzo, ecco che noi, prostrati innanzi a te, intendiamo riparare con particolari attestazioni di onore una così indegna freddezza e le ingiurie con le quali da ogni parte viene ferito dagli uomini l'amatissimo tuo Cuore.
Memori però che noi pure altre volte ci macchiammo di tanta indegnità, e provandone vivissimo dolore, imploriamo anzitutto per noi la tua misericordia, pronti a riparare con volontaria espiazione, non solo i peccati commessi da noi, ma anche quelli di coloro che, errando lontano dalla via della salute, ricusano di seguire te come pastore e guida, ostinandosi nella loro infedeltà, o calpestando le promesse del battesimo, hanno scosso il soavissimo giogo della tua legge.
E mentre intendiamo espiare tutto il cumulo di sì deplorevoli delitti, ci proponiamo di ripararli ciascuno in particolare: l'immodestia e le brutture della vita e dell'abbigliamento, le tante insidie tese dalla corruttela alle anime innocenti, la profanazione dei giorni festivi, le ingiurie esecrande scagliate contro te e i tuoi santi, gli insulti lanciati contro il tuo Vicario e l'ordine sacerdotale, le negligenze e gli orribili sacrilegi onde è profanato lo stesso sacramento dell'amore divino, e infine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il magistero della Chiesa da te fondata. Potessimo noi lavare col nostro sangue questi affronti!
Intanto come riparazione dell'onore divino noi ti presentiamo, accompagnandola con le espiazioni della Vergine tua Madre, di tutti i Santi e delle anime pie, quella soddisfazione che tu stesso un giorno offristi sulla croce al Padre e che ogni giorno rinnovi sugli altari, promettendo con tutto il cuore di voler riparare, per quanto sarà in noi e con l'aiuto della tua grazia, i peccati commessi da noi e dagli altri e l'indifferenza verso sì grande amore con la fermezza della fede, l'innocenza della vita, l'osservanza perfetta della legge evangelica, specialmente della carità, e di impedire inoltre con tutte le nostre forze le ingiurie contro di te, e di attrarre quanti più potremo alla tua sequela.
Accogli, te ne preghiamo, o benignissimo Gesù, per l'intercessione della beata Vergine Maria riparatrice, questo volontario ossequio di riparazione, e conservaci fedelissimi nella tua obbedienza e nel tuo servizio fino alla morte con il gran dono della perseveranza, mediante il quale possiamo tutti un giorno pervenire a quella patria, dove tu col Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni Dio per tutti i secoli dei secoli. Amen!




lunedì 19 novembre 2012

Chi è per te Colui che chiamano Gesù Cristo?



Il titolo di questo post impone che io, per primo, descriva a voi tutti, che partecipate a queste “discussioni” virtuali, cosa sia Gesù Cristo nella mia vita.

Dunque, l’esperienza maturata attraverso le vicende della mia esistenza hanno dato impulso al perché intitolassi questo blog:  “Via, Verità e Vita”. Di conseguenza, l’intestazione non è affatto un caso, ma l’esatta rappresentazione di ciò che per me esprime quel Gesù di Nazareth che noi, credenti, chiamiamo Cristo che significa “Unto”.

In ragione di ciò, il vivere stesso trova in Cristo la Via che desidero percorrere quotidianamente, con le sue difficoltà, cadute, paure ed angosce, come con le sue gioie e speranza, sicuro che se anche smarrissi per un istante la meta, la luce della fede mi riporterebbe nella Via Mastra. D’altronde la fede non è certezze nella meta, ma è certezza in Colui che ci guida alla meta. Il necessario? Dare tutto: cuore, mente e anima a Gesù, che non è solo Via, ma Meta della via stessa; per cui incamminatici “…decisamente…” (Lc 9, 51-56) nella Via siamo automaticamente nella Meta. 

Oltre ad essere Via, Gesù è anche la mia Verità dato che, quando agisco, il riferimento, il parametro di valutazione è, e può essere solo Lui, ed innanzi agli interrogativi pressanti, talvolta drammatici del quotidiano vivere, so di comportarmi o di essermi comportato come La Via-Meta mi ha insegnato (per tanto non è una costrizione il mio agito, ma è frutto di un insegnamento meditato e poi compreso) ciò che deriverà da quella tale situazione, qualunque ne sia il risultato, come dice il salmo 131: “…sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio ad  (una, n.d.r.) madre”.

Infine, è la mia Vita dato che, semplicemente, senza il Signore Gesù sarei vivo soltanto biologicamente, ma morto spiritualmente, e dato che lo “…spirito è vita…” (Gv 6, 63) quando quest’ultimo si inaridisce possiamo possedere il mondo intero, ma nulla potrebbe soddisfare nulla… appieno!


È per questa ragione che Gesù ci insegna: «Io sono la via, la verità e la vita». «Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla». (Gv 14, 6. 15,5).

Il non potete far nulla, non sta ad indicare la nostra incapacità nel raggiungere qualsivoglia tipo di obiettivo, ma bensì a sottolineare che essi, senza Il Pilastro fondativo, Gesù Cristo nostro Signore, restano sterili e privi di significato donante, giacché anche se caratterizzati da una notevole inclinazione verso il prossimo, la natura umana rimarrà sempre propensa a trovare in sé le ragioni d’ogni successo, al contrario, attribuendo ogni fallimento al silenzio, alla lontananza o, peggio, all’inesistenza di Dio Padre. Esemplificando, un medico, che di per se svolge un’attività di cura verso chi soffre, può essere preparato ed appassionato, ma se ciò poggiasse unicamente ad un livello tutto umano, con il tempo la cura nei riguardi di chi versa nella malattia diverrebbe una cinica routine, che potrebbe genererà incapacità nel provare compassione e profondare accoglienza verso i più deboli, divenendo il tutto puro formalismo quotidiano. Perché accade o può verificarsi un tale senso di disinteresse verso il dolore altrui facendo prevale la cinicità professionale? Uno dei motivi, a mio avviso (e ciò può riguardare qualunque professione, mestiere o arte, come anche chi svolge il ministero sacerdotale) risiede nel fatto che la scelta di curare chi soffre non può reggersi solo su di un aspetto relativo all’inclinazione personale verso quell’specifica attività, né tantomeno su fattori economici, ma dovrebbe trovare la base in una vocazione, ovverosia in una chiamata a quel lavoro, affinché la dedizione, frutto di meditazione in Colui che sa bene cosa siamo in gradi di donare agli altri, per il loro bene e la Sua gloria, sia totale e nei momenti di stanchezza ancor più offerta come Cristo fece della sua Croce. La vocazione, infatti, che solitamente connota un ambito strettamente sacerdotale, tecnicamente, significa chiamata, ed essa non è solo quella alla consacrazione, ma anche ad individuare, come detto poco sopra, alla luce del Signore Gesù e quindi della preghiera, quale sia l’esatta strada da intraprendere.

In conclusione Cristo è per ciò stesso, Colui che da senso, significato e valore ad ogni singolo atto della mia vita… E per voi?

giovedì 8 novembre 2012

5' minuti con Gesù Cristo

 
IL BARBIERE E DIO

Un tizio si reca da un barbiere per farsi tagliare i capelli e radere la barba.
Appena il barbiere comincia a lavorare, iniziano ad avere una buona conversazione.
Parlano di tante cose e di vari argomenti.
Quando alla fine toccano l'argomento Dio, il barbiere dice:
"Io non credo che Dio esista...!"
Perché dice questo? Chiede il cliente.
Beh, basta uscire per strada per rendersi conto che Dio non esiste.
Mi dica, se Dio esistesse, ci sarebbero così tante persone malate?
Ci sarebbero bambini abbandonati?
Se Dio esistesse, non ci sarebbero più sofferenza né dolore.
Io non posso immaginare che un Dio amorevole permetta tutte queste cose.
Il cliente pensa per un momento, ma non replica perché non vuole iniziare una discussione.
Il barbiere finisce il suo lavoro ed il cliente lascia il negozio.
Appena dopo aver lasciato il negozio del barbiere, vede un uomo in strada con dei capelli lunghi, annodati e sporchi e con la barba tutta sfatta.
Sembrava sporco e trasandato. Il cliente torna indietro ed entra di nuovo nel negozio del barbiere e gli dice:La sa una cosa? I barbieri non esistono.
Come può dire ciò? chiede il barbiere sorpreso.
Io sono qui e sono un barbiere. Ed ho appena lavorato su di lei...!
No! esclama il cliente. I barbieri non esistono perché se esistessero non ci sarebbero persone con lunghi capelli sporchi e barbe sfatte come quell'uomo là fuori.
Ma i barbieri ESISTONO! - reclamo' il barbiere - Questo è ciò che succede quando la gente non viene da me...
Esattamente! afferma il cliente. Questo è proprio il punto! Anche Dio ESISTE!
Questo è ciò che succede quando la gente non va da Lui e cerca il Suo aiuto
Questo è il motivo per cui c'è tanto dolore e sofferenza nel mondo...